India, la storia di Anand il piccolo scolaro-professore “montessoriano” per istinto

21 Giugno 2016

Articolo di Raimondo Bultrini  (repubblica.it)


Sembra un capitolo del Libro Cuore. Un giorno, in gita con i genitori, vide un bambino della sua stessa età che, per guadagnarsi il pane, faceva il tuttofare e cantava nel coro religioso. Nelle pause dei rituali usciva per strada a studiare alla luce di un lampione, proprio come il celebre bimbo filippino Daniel, immortalato da una foto in uno slum di Manila, che ha fatto il giro del mondo


LUCKNOW (Uttar Pradesh, India) – Nella lingua inglese “inspirational“, o ispirante, è diventato l’aggettivo più usato per descrivere il genere di storie con un forte messaggio educativo che circolano, con crescente successo, sul Web. Ma quella del dodicenne indiano Anand Krishna Mishra è più che un esempio di altruismo e abnegazione per una giusta causa. Da quando aveva 9 anni ha scelto infatti di dedicare il suo tempo libero a insegnare – “da bambino a bambino” – nelle periferie e nei villaggi spiegando ciò che imparava a scuola (e vedremo “che” scuola) per il beneficio dei suoi coetanei meno fortunati.

Un “Libro cuore” versione Hindi. Pubblicata da numerosi giornali indiani e ripresa in Italia dalla Stampa, la sua vicenda sembra un capitolo del libro Cuore di DeAmicis versione hindi. Un giorno Anand, in gita con i genitori che lavorano come impiegati della polizia di Stato, vide all’ingresso di un tempio di Mumbai un bambino della sua stessa età, un “muratorino” che per guadagnarsi il pane faceva il tuttofare e cantava nel coro religioso. Anand notò che aveva gli abiti laceri e che nelle pause dei rituali usciva iu strada per studiare alla luce di un lampione, proprio come il celebre bimbo filippino Daniel immortalato da una foto scattata da una utente Facebook in uno slum di Manila e circolata in tutto il mondo.

Premi e popolarità mediatica. Anand fu impressionato dalla concentrazione di quel ragazzino mentre faceva i compiti e chiese al papà cosa si poteva fare per lui. Al signor Anoop non venne una migliore idea che insegnare a suo figlio il tipo di generosità più semplice, l’elemosina. Ma il piccolo autodidatta impartì alla famiglia una piccola lezione di dignità e solo dopo molte insistenze accettò che gli comprassero dei libri di geometria, matite e quaderni che non poteva permettersi. Fu in quel momento che Anand fece a sé stesso la promessa di aiutare a studiare altri bambini come il suo mèntore e ispiratore, avviando una missione che gli è già valsa due prestigiosi premi pubblici e una certa popolarità mediatica. Ogni volta che ne aveva la possibilità, nei suoi pomeriggi dopo gli studi e un riposino, si faceva accompagnare da uno dei genitori in una diversa periferia della sua città di Lucknow, capitale del più vasto e povero Stato dell’India, l’Uttar Pradesh, fino a spingersi nei villaggi rurali più lontani.

“Scuole dei balbini” non “per i bambini”. Ai giornalisti che ormai lo citano sempre più spesso, ha raccontato che il suo primo approccio in ogni nuovo posto visitato avviene attraverso il gioco. Qualcuno dei suoi studenti passa il tempo in strada senza fare niente, altri lavorano nelle sale da tè, nelle cucine, nei cantieri edili, lui li invita ad unirsi ai suoi Bal Choupal, le “scuole dei bambini” (non “per i bambini”) e piano piano si formano gruppi ai quali con piccole gare e un po’ di buonumore Anand insegna ciò che ha imparato. In ciascuna Bal Choupal partecipano di media un centinaio di alunni e in 4 anni ha visitato più di 125 località, ma gli studenti “più vecchi”, oltre agli amici contagiati dal suo esempio, continuano il lavoro anche quando lui non c’è. Con questo sistema ha convinto  –  dicono – almeno 700 maschi e femmine a frequentare le classi regolari, compresi le piccole vittime di una piaga difficile da estirpare, il lavoro minorile per mantenere le famiglie.

Gli elogi da tutto il mondo. Dal coro degli elogi giunti da tutto il mondo per questo figlio dell’India premiato con due riconoscimenti pubblici prestigiosi e chiamato con rispetto chota masterji, il maestro bambino, manca però un adeguato accenno al tipo di educazione personalmente ricevuta da Anand alla City Montessori school. A Lucknow sono 50mila, in una metropoli da 5 milioni, le famiglie di studenti come Anand in grado di pagare le rette in una nelle 20 sedi cittadine di questa struttura ispirata alla celebre pedagoga italiana vissuta a cavallo tra XIX e XX secolo, antesignana dell’educazione aperta alle esigenze dei bambini e alle loro peculiari tendenze.

La Montessori sarebbe stata orgogliosa. Di certo Maria Tecla Artemisia Montessori, nata nel 1870 a Chiaravalle, sarebbe stata orgogliosa di uno studente cresciuto a così grande distanza come Anand che rispecchia in pieno le caratteristiche del suo modello educativo pensato per stimolare le attitudini dell’individuo invece di imporre programmi a misura di adulto. Non a caso le sue prime scuole nel quartiere romano di San Lorenzo e a Milano si chiamavano come quelle di Sanand, “Scuole dei bambini”, in un periodo storico dove il rigido curriculum e l’autorità dei maestri erano pressoché inviolabili.

Quei valori che gli adulti perdono. Maria Montessori vedeva il bambino non solo come “essere completo, capace di sviluppare energie creative”, ma come unico detentore di valori morali che l’adulto ha perso, annacquato nei lunghi anni di attitudine all’azione egoistica per il proprio beneficio finale. “Solo la libertà  –  sosteneva la scienziata – favorisce la creatività già presente nella natura del bambino”. Ed è sempre dalla libertà che “deve emergere la disciplina”, quando l’alunno sceglie il lavoro “assecondando il proprio istinto”, sviluppando il suo “interesse autentico”, capace di procurare “uno stato di raccoglimento assoluto”.

Stimolare senza imporre. E’ con questi principi di fondo, assorbiti nello stimolante ambiente della sua classe indiana, che Anand ha potuto cogliere a pieno il messaggio lasciato per lui dal destino davanti a quel tempio di Mumbai, dove il piccolo studente dalle vesti lacere gli aveva dimostrato che si poteva eliminare ogni ostacolo concentrandosi sul proprio vero interesse. Le sue lezioni comprendono oggi matematica, inglese, computer, ma fin dall’inizio Anand ha usato diversi metodi per stimolare l’attenzione dei “pupilli” senza imporgliela, proprio come ha imparato personalmente nella sua scuola Montessori dalla quale non si esce necessariamente con un livello accademico più alto degli altri istituti, ma con una comprensione maggiore delle fasi di sviluppo e apprendimento dell’essere umano.

La scuola dei cittadini responsabili. Per cominciare ogni lezione Anand si siede a gambe incrociate tra i coetanei e tutti cantano ‘Hum Hone Kaamyaab’, versione hindi di We shall overcome, parlando con loro dei problemi di tutti i giorni, la povertà, la timidezza, l’incomunicabilità con il mondo degli adulti e le difficoltà di apprendimento. Alla fine si intona l’inno nazionale indiano “per diventare cittadini responsabili del nostro Paese”, come ha spiegato il piccolo maestro ai cronisti che lo hanno intervistato.

Ma anche spirito nazionalistico. Lo spirito nazionalistico infuso al termine delle lezioni di Anand è l’unica piccola contraddizione rispetto ai principi di “umanità aperta” che hanno ispirato i fondatori della City Montessori di Lucknow, due coniugi di nome Jagdish e Bharti Gandhi. Era il lontano 1959 e gli Stati Uniti ancora dubitavano dell’efficacia di questo metodo pedagogico made in Italy, oggi diffuso in tutti i continenti con 22 mila scuole, dall’asilo alle superiori, dopo un ostracismo accademico durato quasi mezzo secolo. Oltre ad istituire la preghiera di tutti i credo (non come nelle classi italiane dove nell’ora facoltativa di religione si spiega una sola fede) i Gandhi puntavano a promuovere – come il loro omonimo Mahatma – l’unità e la pace per creare future generazioni di “cittadini del mondo”.

Il piccolo impero di Anand. Dalla prima classe del 1907 con 5 soli studenti, l’Istituto è diventato ormai un piccolo impero, e non sono mancate negli anni polemiche e denunce per l’abuso del nome e per l’uso di sistemi non dissimili da quelli delle altre scuole, senza contare l’elevato costo delle rette che rendono studenti come Anand dei veri privilegiati. Ma ciò nonostante è qui che si è formato il piccolo maestro di Lucknow, in un Continente dove il gran numero di abitanti  –  oltre un terzo, 356 milioni, ha tra i 10 e i 24 anni – rende feroce la competizione accademica e vanno avanti prima di tutto i membri delle caste tradizionalmente educate, nati e cresciuti in ambienti dove i genitori non lasciano mischiare facilmente i propri figli con altre etnie e classi sociali. Basta però vedere le foto di Anand in mezzo ai suoi coetanei per comprendere quanto siano poco importanti per questo bambino il taglio degli abiti e il colore della pelle dei suoi studenti.

La popolarità dilaga sui “social”. Ormai popolare anche sui social network  –  suo padre cura la sua pagina Facebook  –  Anand promuove tra una classe di strada e l’altra un programma di adozione scolastica dei bambini poveri, cerca di organizzare piccole olimpiadi di quartiere o distretto e vorrebbe creare biblioteche accessibili negli slum e nei villaggi isolati. “Con piccoli passi come questi  –  ha dichiarato alla stampa –  l’India diventerà presto un paese colto e prospero”. Una sacrosanta ambizione, come quella di creare un piccolo Parlamento dei bambini provenienti da tutti gli Stati dell’India, dove le loro idee e proposte possano essere discusse e sintetizzate in una “risoluzione finale” da spedire al presidente e al primo ministro. L’unica speranza è che Anand, semmai dovesse diventare un politico, non smetterà di pensare col cuore di un bambino.

 

Pubblicato da admin – 21 Giugno 2016